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I SOPRAVVISSUTI E LE GENERAZIONI FUTURE

Dai racconti dei figli e dei nipoti degli ex-deportati, spesso non esiste un confine netto con la Shoah.

I figli e i nipoti hanno la sensazione di essere nati e cresciuti con l’elemento Auschwitz presente. Poi, col passare degli anni il pensiero si è andato fortificando con racconti o esperienze particolari vissute (ad esempio un momento di vita in cui il comportamento del sopravvissuto poteva essere riconducibile all’esperienza del campo), ma la sensazione di conoscere la Shoah da sempre, è innata in loro.

I figli e i nipoti hanno assorbito come spugne il campo di sterminio, dai loro genitori, dai loro nonni e dai loro zii; ma mentre i figli hanno subito inconsciamente l’esperienza dalla Shoah passatagli dal genitore (come una colpa), i nipoti sono considerati come persone da salvaguardare. Loro al contrario dei figli, chiedono, fanno domande al sopravvissuto. Hanno addosso la Shoah ma non come una colpa, bensì come un elemento da far conoscere affinché non si ripetano mai più le atrocità subite.

In un certo modo i sopravvissuti hanno trasmetto ai loro familiari atti di vita vissuta nel campo, alcuni sono stati battezzati, altri hanno dovuto imparare il tedesco (“perché non si sa mai”), altri hanno imparato a sparare, hanno armi nascoste, cibo in grande quantità, il senso di dovere di memoria, tutti atteggiamenti atti a tenerli pronti e prepararli in tempo qualora arrivasse un altro attacco dei nazisti.

Aver avuto un contatto diretto con un testimone della Shoah, è stato un privilegio o un peso?

Con questa domanda si è voluto far capire quanto sia bello e profondo poter ascoltare e conoscere la Storia, e avere l’onore e il privilegio di sentirsi parte diventando testimone. Nel rovescio della medaglia però ci sono sfaccettature del privilegio che possono influenzare il modo in cui si vive, gli atteggiamenti che si assumono, i pensieri che si hanno, il peso che si porta.

Il privilegio di averli conosciuti, e la paura del domani sono gli elementi base di queste risposte, è come se dicessero: è stato un onore poter conoscere e sapere come sono andate le cose, è stato un onore essere cresciuto da una persona che mi ha insegnato il rispetto e la tolleranza, ma in un modo o nell’altro mi ha trasmesso le sue paure e i fantasmi nascosti del campo di concentramento con i quali inevitabilmente convivo ma anche grazie ai quali posso battermi per una società più solidale.