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SPIEGARE, RICORDARE, FARE MEMORIA

“Si deve divulgare, si deve portare l’esempio di vita di amore e di aiuto verso il prossimo”, queste parole sono sulla bocca di tutte le persone che hanno una missione, il dovere di memoria perché hanno conosciuto la Shoah e adesso hanno il compito di tramandarla. Questo messaggio diventa quindi l’obiettivo primario di tutti gli intervistati, è un’investitura che a loro è stata concessa, un vero e proprio passaggio del testimone, un testimone che dovrebbe a sua volta contenere la stessa Shoah riprodotta in tutti i suoi dettagli.

Nel 1955, in occasione del decimo anniversario della Liberazione e della fine della Repubblica sociale italiana e dell’occupazione nazista, la Federazione Giovani Ebrei d’Italia (FGEI) costituì il Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea – CDEC, avente per scopo, secondo il suo primo Statuto del 1957, la ricerca e l’archiviazione di documenti di ogni tipo riguardanti le persecuzioni antisemite in Italia e il contributo ebraico alla Resistenza e la loro divulgazione. Da ciò iniziò una grande raccolta di tutta la documentazione rintracciabile inerente al periodo dell’occupazione nazista.

Alcuni sopravvissuti avevano già iniziato a parlare, alcuni trovarono terreno fertile e lo fecero subito al loro rientro, altri come si è visto, si rinchiusero nel loro silenzio pudico per non turbare parenti e amici con i loro racconti.

Ma come si può spiegare la Shoah a qualcuno che non l’ha vissuta direttamente?

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LE TESTIMONIANZE E IL FARE MEMORIA:

Al sopravvissuto viene chiesto di onorare un dovere di memoria, al quale non può moralmente sottrarsi. La testimonianza è dunque cambiata: è un vero e proprio imperativo sociale che fa diventare del testimone un apostolo e un profeta. Così i sopravvissuti iniziarono a ripensare il passato con la speranza di progettare il futuro, cioè la loro memoria. La memoria dell’orrore doveva trasformarsi in una volontà di cambiare le cose, affinché certe situazioni non dovessero più ripetersi, o per lo meno doveva servire a memorizzare quelli che erano i sintomi da cui poteva eventualmente scaturire un’altra Shoah. Il tempo però è malvagio, e oggi di loro rimane solamente l’iscrizione dei loro eventi nella Storia (salvo qualche ultimo sopravvissuto ancora in vita). Al loro posto ci sono i figli e i nipoti che si interrogano come riuscire a portare avanti le volontà dei loro cari, in particolar modo quanto il ricordo che essi hanno dei sopravvissuti, possa diventare una memoria.

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